Credo che, più o meno tutti ci siamo cimentati in spiaggia nella costruzione di alcuni castelli di sabbia. Il dispiacere più grande era quando, nel tentativo di aggiungere una ulteriore torre per renderlo più grande e più bello, il peso stesso della sabbia umida faceva collare tutto il resto.
Oggi nel mondo degli investimenti assistiamo ad un ritorno, come non accadeva da anni, dei rendimenti nei titoli obbligazionari che risultano in genere meno volatili delle azioni.
Sappiamo bene che in gran parte ciò è dovuto ad una crescita dei tassi delle Banche Centrali per contrastare l’inflazione. La BCE, ad esempio, con l’ultimo ritocco del tasso di interesse ha quasi raggiunto il suo massimo storico da quando ha iniziato a operare come banca centrale dell’Unione Europea (1° gennaio 1999).
Questa crescita prepotente dei tassi sta preparando il campo alla sua discesa.
Alcune avvisaglie sono già evidenti:
- l’inflazione sta iniziando a rallentare. Molti italiani se ne sono accorti a settembre incassando la prima cedola semestrale del BTP Italia lanciato lo scorso marzo;
- l’economia sta decelerando velocemente. Il credito alle famiglie e alle imprese va contraendosi un po’ ovunque (il denaro costa tanto!). Questo è sicuramente vero per l’Italia, come mostrano i dati di Banca d’Italia.
Quindi chi va facendo incetta di Titoli di Stato in questi giorni beneficia certamente di tassi più elevati rispetto al passato (in più in una fase in cui l’inflazione inizia a calare) e potrebbe godere di un possibile apprezzamento dei prezzi in futuro (se ad un certo punto la BCE decidesse di cambiare strategia e ridurre i tassi di interesse).
Allo stesso tempo, però non dovrebbe dimenticare che anche altri fattori ciclici potrebbero non giocare a suo favore.
Nello specifico mi riferisco al fatto che negli ultimi anni l’Italia sta vivendo un’accelerazione della crescita del debito pubblico tra la più elevate di sempre.
Gli ultimi 3 anni hanno registrato di fatto un incremento del debito pari a 407 miliardi di euro (da 2.000 a 2.407 miliardi) con una tendenza che ci proietterebbe a sforare i 500 miliardi di crescita prima dei 5,8 anni (l’altro periodo di accumulazione più veloce registrato agli inizi degli anni ’90).
In più, dato l’ammontare complessivo, nel 2024 ci troveremo a rifinanziare il debito per circa 130 miliardi (un importo che l’Italia non ha mai affrontato da quando esiste l’euro).
Oggi è uno di quei momenti in cui le condizioni lì fuori mirano ad ammaliare i clienti che, sempre in cerca di rendimenti percepiti come sicuri e ignari della ciclicità degli avvenimenti, procedono col paraocchi senza consapevolezza.
Sono questi i momenti in cui, più di altre volte, occorre essere cauti e diversificati sui portafogli che vanno ad obiettivo.
Difendere la diversificazione dei portafogli rimane la cosa migliore da fare per aiutare le persone ad accettare e gestire gli eventi di oggi e per educarli al meglio all’inversione del ciclo a cui assisteremo anche questa volta.
Corollario finale: chiediamoci come mai gli attori che hanno tutte le informazioni in mano (le banche e istituzioni simili) sono chiamati ad intervenire solo in forma residuale. Prima gli italiani? Forse, ma non sono proprio convinto che lo facciano per il nostro bene!