Con i recenti annunci della BCE si conferma che il vento sta cambiando (o meglio, è già cambiato) ed è importante capire quali sono le implicazioni nelle nostre scelte di posizionamento sui mercati.
Fine di un'era
Il vento è cambiato già dallo scorso luglio, quasi un anno fa. La guerra in Ucraina ha solo un po' accelerato la tendenza ma l'indirizzo era già chiaro.
Dagli anni '80 agli anni '20 di questo secolo abbiamo assistito ad una progressiva riduzione dell'effetto dell'inflazione sui prezzi al consumo, ci siamo abituati ad una certa stabilità ma i più anziani ricorderanno la crisi energetica del '73-'74 che segnò (un po' come adesso) un'impennata dei prezzi.
Si ricorderanno pure della "scala mobile", cioè quel meccanismo automatico che adeguava i salari dei dipendenti al costo della vita. Nel 1985 la Confindustria revocava unilateralmente questa misura di salvaguardia e l'effetto si vede subito nel grafico qui sotto. Era frequente assistere alle "svalutazioni competitive" della lira, anche del 20%, Il che ci rendeva per un tempo "i cinesi" del continente. Eravamo tutti più poveri, pur avendo le stesse somme in tasca.
L'effetto combinato dell'inflazione in discesa e dell'avvento dell'euro ci ha abituato ad un progressivo taglio dei tassi fino ad arrivare ai rendimenti negativi degli ultimi anni. Nel mondo del "presto", cioè il modo delle obbligazioni, un andamento di questo genere porta alla rivalutazione in conto capitale delle emissioni più datate.
Questa, nel gergo finanziario, viene definita la "Legge della forbice": tassi che scendono, corsi che salgono. Ma la Legge funziona anche nell'altro senso: tassi che salgono, corsi che scendono.
Gli ultimi anni
Le politiche monetarie degli ultimi anni, note come Quantitative Easing, hanno portato alla stampa di ingenti quantità di cartamoneta che non è vero che venga stampata a fronte di nulla (come vorrebbero farci credere certi siti un po' approssimati in materia), c'è sempre un collaterale che viene messo a garanzia. Ma comunque un certo rischio che il collaterale vada a perdere valore rimane.
Cercando di semplificare e di farci capire è un po' come se nella pentola del minestrone aggiungessimo un paio di mestoli di acqua... la sostanza è ancora quella, lo abbiamo solo reso più liquido. Come si fa per far evaporare buona parte di questo liquido? Lo si fa evaporare alzando il fuoco. Ecco, questo fuoco è l'inflazione che fa evaporare il nostro potere di acquisto.
Questo in termini pratici cosa comporta? Perché scrivo che finisce un'era?
Per decenni l'industria del mondo finanziario ha potuto contare sul porto sicuro (almeno in termini nominali) delle obbligazioni. Questo, se si inverte la tendenza, non sarà più vero. E la tendenza a far rialzare i tassi non è data dalla guerra in Ucraina ma da una precisa volontà delle banche centrali che dovranno riuscire nel difficile compito di far riassorbire la grande massa di denaro agendo su almeno due fronti: ripagare il debito con una moneta che vale meno ma garantendosi contemporaneamente che l'economia entri in recessione e così saltino i collaterali posti a garanzia, La FED inoltre deve tenere d'occhio anche il livello occupazionale.
Siamo di fronte ad una fiammata dell'inflazione, che negli USA è più alta che nei paesi Europei. Anche se diventa interessante scomporla per le sue componenti interne e capire come potrà evolvere, ritengo che dovremmo abituarci ad un livello compreso fra il 3% e il 4%, come negli ultimi anni '90 e fino alla crisi dei mutui Subprime.
I dati europei però sono falsati da un fenomeno preoccupante, a mio avviso, e lo vediamo bene nel grafico qui sotto: l'aumento dei prezzi non ha ancora raggiunto il consumatore finale, le aziende stanno comprimendo gli utili o attivando delle politiche che scaricano sulla fiscalità generale il costo o gli effetti di questi aumenti.
Questo grafico ci dice che misurando l'effetto dell'inflazione sui costi alla produzione e su quelli al consumo c'è un importante differenziale che prima o poi si scaricherà sul consumatore finale e per ora rischia di gravare sugli utili aziendali e di conseguenza sulle valutazioni dei corsi azionari.
Cosa comporta per il nostro posizionamento?
Qualche settimana fa abbiamo disinvestito quasi tutte le posizioni obbligazionarie beneficiando del cambio euro/dollaro che compensava abbondantemente la correzione del mercato ma ora abbiamo molta liquidità in corpo e non possiamo pensare di stare anni e vederci evaporare sotto il naso il potere di acquisto. Sul conto corrente (o sotto il materasso) devo farvi tenere solo i soldi che programmate di spendere nel giro di 1 o 2 anni. Perché? Perché l'inflazione è come la ruggine, erode e polverizza il potere di acquisto. Guarda l'effetto del solo 4% in dieci anni.
Impressionante vero? Meno 32% di potere di acquisto! Se prima compravi un trilocale poi ti devi accontentare di vivere in un bilocale!
Ora faccio una piccola critica al mio mondo di Consulenti Finanziari.
Da sempre parliamo di pianificazione finanziaria e ci riempiamo la bocca di termini tecnici e grafici, ma poi raccogliamo il suo profilo di rischio (che è mutevole come lo stato d'animo di un adolescente) e gli proponiamo una soluzione bilanciata fra azioni e obbligazioni e così nelle nostre call sento parlare di 30/70 oppure 40/60 come se tutti i soldi gli dovessero servire domani... Dove è finita la pianificazione? Che fine ha fatto il bel menù che gli abbiamo prospettato se poi gli offriamo un "piatto unico"?
Quando parliamo di PIANIFICAZIONE in sostanza parliamo di associare i corretti strumenti finanziari agli obiettivi di spesa del cliente. Per questo non sono minimamente preoccupato dei corsi azionari, quelli hanno tutto il tempo per riprendere la corsa e superare i record precedenti, mentre in questo momento ciò che mi preoccupava di più erano i corsi obbligazionari che posizionandosi tipicamente nei periodi più brevi incorporano più rischio delle azioni.
Cosa fare allora, dove allocare il medio periodo?
Ritengo che il mondo dei certificati sia un universo molto interessante perché permette (da sempre) di esporsi ai rendimenti del mercato azionario ma preservando il capitale con una protezione importante. I certificati sono dei contratti derivati, cioè non prevedono il possesso del sottostante ma vengono costruiti incrociando due o più diritti dette anche option call e option put. Le loro caratteristiche variano di volta in volta e sono in funzione del periodo in cui nascono. Sono quotati in borsa e generalmente sono liquidabili in caso di necessità o di opportunità di mercato.
E per la parte azionaria vera e propria?
Credo che il periodo passato a cui dobbiamo fare riferimento sia quello della crisi energetica del 73-74 in cui allora come oggi andavano ripensati gli equilibri mondiali e l'energia ne tracciava i nuovi confini. Allora la trasformazione riguardò il modo di costruire l'auto, veicolare l'energia e costruire le caldaie, e guarda caso anche oggi stiamo ripensando gli stessi temi. In quanto tempo si uscì dalla crisi? In circa 7 anni, e credo che più o meno servirà un tempo analogo per recuperare i livelli di luglio 2021. Importante è avere dei bravi gestori che sappiano scegliere i titoli giusti, quelli che dettano il livello dei prezzi, e queste quotazioni le rivedremo anche prima.